La Lombardia si appresta al voto nel 2018 e a sinistra fervono ragionamenti e proposte politiche. Milano è la capitale economica del Paese ed il luogo nel quale insieme alla Lombardia, le dismissioni/ trasformazioni nei servizi e industria accelerate dalla tecnologia trovano il loro culmine.
Può la sinistra immaginare al «tempo dei robot», un nuovo modello sociale dove il lavoro e i lavoratori ritornino protagonisti?
Un programma non accomodante alle politiche del Jobs Act e in grado di indicare una alternativa? La transizione verso l’Industria 4.0 nelle fabbriche e uffici non aspetta. Da un lato, grandi opportunità associate alla creazione di nuovi profitti, attraverso i guadagni di produttività ed alla maggiore efficienza dei processi produttivi. Dall’altro lato, ogni «salto tecnologico» costituisce una sfida alla sostenibilità sociale. Siamo di fronte alla certezza di distruzione di occupazioni a medio-alta competenza e l’espansione senza precedenti del concetto di flessibilità, con implicazioni sull’organizzazione economica e sociale e in particolare sulle condizioni di lavoro difficili da prevedere.
Occorre a questo punto provare ad elaborare un modello che miri a governare il cambiamento e non subirlo.
La Sinistra che si propone alternativa, dovrebbe ragionare sia su politiche passive, come reddito minimo e la necessaria riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, ma anche sull’implementazione di politiche attive che ridiano speranza a chi è sotto ricatto. Il tempo a disposizione non è molto per attivarsi con la ridefinizione di un progetto culturale, di valori e di proposta politica, economica e sociale: pratiche, linguaggi, schemi valoriali per proporre modelli rispetto al cambiamento strutturale in atto. Quali saranno gli elementi esistenziali che rappresenteranno «la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra», quando il lavoro costituirà solo una piccola parte del nostro tempo, della nostra vita? Quali saranno gli elementi di autorealizzazione personale, una volta emancipati dalle necessità produttive e di salario che ci portavano a lavorare, a impersonare un ruolo sociale in quanto idraulici, avvocati, cuochi, medici, operai, ingegneri? La realtà dei lavoratori è già dura, descriverla in peggio non serve loro perché già la vivono, ma serve loro la speranza di liberarsi e per fare questo occorre un immaginario socialista nuovo e diverso probabilmente «al tempo dei robot».
Nadia Rosa, Matteo Prencipe, Cesare Martina, Fulvio Beretta, Valter Tanzi
Il Manifesto 9 Settembre 2017