La logica del profitto
Il 14 marzo 2021 è stato siglato un accordo fra imprese e sindacati su un protocollo anticovid per tutelare la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, sulla base del DPCM del 2 marzo che introduce ulteriori linee guida e criteri per contrastare e contenere la diffusione del virus covid 19 a completare tutte le disposizioni precedenti e tutti i protocolli del 2020.
Raccomandazioni In materia:
1) Informazione nei luoghi di lavoro sui comportamenti modalità e disposizioni per contrastare la diffusione del virus.
2) Igiene aziendale
3) Spazi comuni e spostamenti
4) Caso sintomatico in azienda
5) Medico e competenze RLS
Questo accordo e tutti gli altri già siglati in precedenza dovrebbero dare a tutti i lavoratori la certezza di lavorare in un ambiente sicuro, con delle norme che evitino il contagio e che ci sia il rispetto delle regole per il bene della salute pubblica. Ma tutto questo è puramente teorico, a causa della scarsità di controlli sulla applicazione dei protocolli di sicurezza, che inducono spesso i datori di lavoro a ignorare o aggirare le più elementari norme di contrasto al covid, con la solita idea che il profitto è più importante della salute. Le imprese spesso considerano l’applicazione delle norme di sicurezza contro il contagio un costo per l’azienda , un rallentamento della produzione e dei tempi di lavoro e quindi meno guadagni. Già l’anno scorso all’inizio della pandemia era stata denunciata questa carenza nei controlli, poi si scopre che i funzionari che dovevano controllare avevano avuto il permesso di andare in ferie o erano in malattia. Controlli che sono mancati anche quando le molte aziende hanno avuto la possibilità di riaprire pur non avendo produzioni indispensabili , aggirando i codici ATECO presentando semplici autocertificazioni che poi non sono mai state verificate dalle prefetture e dagli organi competenti, tranne in pochissimi casi. Ma negli ultimi mesi la situazione è notevolmente peggiorata , c’è meno attenzione alla sicurezza come se il problema fosse svanito e i controlli sono praticamente inesistenti. Non c’è nessun monitoraggio e mancano le analisi statistiche dei contagi nei luoghi di lavoro, ci sono dei settori notevolmente a rischio e molti focolai sono stati rilevati nei laboratori, negli impianti di macellazione delle carni, nei centri di smistamento delle merci e in alcuni lavori di raccolta e confezionamento in agricoltura e in tutte quelle attività dove non è sempre garantito il distanziamento. Da una recentissima analisi sugli spostamenti si è monitorato che rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso gli spostamenti sono notevolmente aumentati, in provincia di Brescia l’aumento è stato del 162 %, infatti il traffico attuale non è paragonabile a quello dell’anno scorso nel primo lockdown quando le strade erano praticamente deserte e quando erano state chiuse quasi 120 mila aziende, questi dati sono fondamentali per capire perché i contagi non riescono a calare, nonostante la chiusura delle scuole e di alcune attività commerciali. Il virus si sposta con le persone, con gli operai che vanno ogni giorno a lavorare, muratori, fattorini, autisti, manutentori, elettricisti, professionisti, tutte categorie che a differenza degli operatori sanitari, docenti, e forze dell’ordine non è iniziata alcuna profilassi vaccinale. Di tutto questo non se ne parla perché? forse si ha paura di incidere sull’economia e la produzione ? Forse si ha paura di andare contro le direttive della CONFINDUSTRIA? Con la stessa logica per il profitto, molte aziende tendono a nascondere i casi di contagi che si riscontrano nei luoghi di lavoro per evitare come sempre il rallentamento della produzione o per evitare la chiusura temporanea nei casi dei servizi commerciali e dei supermercati. La logica del profitto sta da anni distruggendo l’ambiente, con tutte le conseguenze che già conosciamo sul clima, alcuni imprenditori non esitano ad avvelenare aria, acqua e suolo per risparmiare qualche euro sullo smaltimento dei rifiuti industriali e sulla messa a norma dei loro impianti e macchinari. Intanto aumentano i casi di tumore per inquinamento e le morti causate da carcinomi e linfomi e Brescia, che è una delle città più inquinate d’Europa è fra le prime in classifica in questa tragica statistica di morte ed è vittima proprio di questa logica del profitto. Intorno a tutto questo disastro dell’ambiente, che viviamo quotidianamente, spesso c’è omertà, noncuranza, fatalismo che porta a pensare che le cose non potranno mai cambiare e si sente dire spesso la frase “ il lavoro è il lavoro!” E’ la stessa logica che molte imprese producono aggirando le norme di sicurezza per i lavoratori usando macchinari non sicuri e alle volte obsoleti, spesso con le protezioni dismesse o disattivate per avere maggiori profitti, accelerando i tempi di produzione e ritmi di lavoro sempre più pressanti o nei cantieri dove non si usano imbragature dispositivi di protezione perché fanno rallentare il lavoro, mettendo sempre più a rischio d’infortuni i lavoratori. Gli infortuni sul lavoro non si sono mai fermati, l’informazione e i mass-media si sono concentrati nell’ultimo anno quasi esclusivamente ai dati e alle notizie sulla pandemia, ma la piaga degli infortuni sul lavoro non deve essere dimenticata ; nel 2020 gli infortuni sul lavoro su tutto il territorio nazionale sono stati 554340 e 1270 sono stati con esito mortale. I settori in cui si sono provocate più vittime sono: nel manifatturiero con 149 morti, 114 nell’edilizia, 113 nell’ agricoltura, 112 nel settore trasporti e logistica, 71 fra i meccanici delle auto-riparazioni, 67 nella sanità e assistenza. Queste le terribili cifre nonostante ci sia stato un calo del 16,7 % degli incidenti sul lavoro per effetto del lockdown . Ma nel 2020 drammaticamente aumentano gli incidenti mortali con i 1270 morti risultano114 in più rispetto all’anno precedente. Il 28 aprile è la giornata in ricordo delle morti sul lavoro però non basta commemorare facendo i soliti discorsi retorici, basta parole! chi va al lavoro deve avere la certezza di ritornare a casa dai suoi familiari e non all’ospedale o all’obitorio. In Lombardia su 159 infortuni mortali , 152 sono avvenuti nelle province con le maggiori attività produttive: 49 a Bergamo, 47 a Milano, 36 a Brescia, e 25 a Cremona. A Brescia e provincia gli infortuni nel 2020 sono stati più di 14200 quindi più di 38 lavoratori ogni giorno nella nostra provincia sono state vittime di incidenti sul lavoro che spesso hanno lasciato segni indelebili e mutilazioni invalidanti per tutta la vita , per non parlare delle malattie professionali. Le aziende preferiscono avvalersi del lavoro precario e a tempo determinato per incrementare sempre di più i loro guadagni. Alla loro logica del profitto non interessa che si stia creando un grossissimo danno economico e sociale perché l’instabilità, la povertà e le insicurezze economiche delle famiglie non danno nessun beneficio alla società, al benessere comune e all’economia e calpestano la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori .
Partito della Rifondazione Comunista
Segreteria provinciale PRC Brescia
Dipartimento lavoro PRC Brescia
Dipartimento ambiente PRC Brescia