McNamara ci ha intimato di smettere di appoggiare la guerriglia comunista sudvietnamita, altrimenti riceveremo più bombe di quante non ne abbiano avute Italia, Germania, Giappone e Corea del Nord messi assieme e questo solo perché gli abbiamo chiesto – se egli si fosse trovato nei nostri panni – se avrebbe accettato un diktat di uno stato straniero che gli vietasse la riunificazione generale. Ebbene, io lo ammonisco che la guerra che verrà sarà dura e che io potrò perdere anche mille uomini per ogni soldato americano caduto, ma l’esito sarà ugualmente quello da me atteso, perché noi vinceremo la guerra e gli Stati Uniti la perderanno
(Ho Chi Minh)
Il 15 ottobre 1965, il Coordinamento nazionale statunitense per la fine della guerra in Vietnam, coordinato dagli studenti contro la guerra, esegue la prima distruzione in pubblico di una cartolina per la chiamata alla leva
La lunga e cruenta guerra del Vietnam viene ricordata come la ‘sporca guerra’. Il termine era stato coniato dai francesi a proposito della guerra d’Indocina (1946-1954), combattuta negli stessi luoghi, ma risultò perfetto per descrivere il fallimentare impegno americano in Vietnam, che durò 10 lunghi anni.
Gli Stati Uniti erano stati coinvolti negli avvenimenti in Vietnam a partire dal 1954, subito dopo la fine della guerra d’Indocina, per supportare il dittatore vietnamita Ngo Dinh Diem contro l’avanzata del comunismo. La vera e propria guerra, tuttavia, iniziò nel 1964 e finì nel 1975.
La guerra del Vietnam è parte del processo di decolonizzazione, ma è anche uno dei momenti più drammatici della guerra fredda. Gli Stati Uniti erano schierati contro il mondo comunista, e quindi, come hanno sempre fatto in ogni parte del mondo, ritennero necessario supportare un dittatore. Il blocco comunista, che al tempo era già diviso tra Russia e Cina, si rivelò unito nel sostenere con decisione i comunisti vietnamiti del Vietcong contro le forze ‘imperialiste’ degli Stati Uniti.
Il Vietnam era progressivamente diventato una colonia francese, siglando tra 1883 e 1884 una serie di trattati di protettorato con la Francia, e diventando parte dell’Indocina francese insieme al Laos e alla Cambogia. Nel 1940, in piena guerra mondiale la Francia di Vichy permise al Giappone di stanziare truppe in Indocina e di utilizzare gli aeroporti in Vietnam. In questi anni Ho Chi Minh, leader dei Viet-minh, un partito armato di resistenza, condusse una dura lotta per l’indipendenza del Vietnam. Alla fine della guerra mondiale, Ho Chi Minh riuscì ad occupare Hanoi e proclamò l’indipendenza del Vietnam. I francesi tentarono di riconquistare il controllo del paese nel corso della guerra d’Indocina (1946-1954) e vennero sconfitti dai Vietminh a Dien Bien Phu nel 1954.
Alla conferenza di Ginevra, sempre nel 1954, vennero discussi tra le altre cose i termini del trattato di pace tra Francia e Vietnam indipendente: la Francia avrebbe abbandonato il paese, che sarebbe stato diviso in due parti lungo il 17esimo parallelo fino alle successive elezioni.
Tuttavia, Ngo Dinh Diem, presidente del Vietnam del Sud, si rifiutò di concedere le elezioni, ed il paese rimase diviso. Il Vietnam del nord rimase una repubblica comunista, capeggiata da Ho Chi Minh. Il Vietnam del sud si confermò una repubblica capitalista, ma più precisamente si trattava di un regime semidittatoriale, capeggiato dal presidente Ngo Dinh Diem.
Fu in questo contesto che scoppiò la guerra civile: il Vietnam del Nord puntava a riunire il paese sotto la guida di Ho Chi Minh. Dal 1958 in poi il Vietnam del Sud iniziò a subire attacchi non soltanto dal Vietnam del Nord, ma anche dai Vietcong, un movimento di guerriglia di ispirazione comunista, sostenuto dal Vietnam del Nord, che riunì una serie di gruppi che si opponevano a Ngo Dinh Diem, e fu dal 1960 il braccio armato del Fronte di Liberazione Nazionale.
L’ intervento degli Stati Uniti
L’intervento americano fu ispirato dalla teoria dell’effetto domino, secondo cui, dopo che un paese diventava comunista, era molto probabile che anche i paesi confinanti lo sarebbero diventati. La Cina era diventata comunista nel 1949, ed il principale timore degli Stati Uniti era che il comunismo, che già controllava il Vietnam del Nord, si sarebbe rapidamente diffuso in tutta l’Indocina (Vietnam, Laos e Cambogia). Per questo motivo, secondo la logica dei blocchi contrapposti e in coerenza con la ‘dottrina Truman’, gli Stati Uniti inviarono, all’indomani della Conferenza di Ginevra, denaro, risorse e ‘consiglieri militari’ per aiutare il governo del Vietnam del Sud di Ngo Dinh Diem.
Diem era un leader corrotto, detestato dai contadini, inviso alla maggioranza buddista dei cittadini: questi erano i motivi che spinsero la popolazione rurale del Vietnam del Sud a ribellarsi contro il governo e a supportare apertamente i Vietcong. Nel 1963, il presidente John F. Kennedy allargò il contingente di ‘consiglieri militari’ fino a 30.000 persone allo scopo di preparare l’esercito del Vietnam del Sud. Nello stesso anno il presidente del Vietnam del Sud Ngo Dinh Diem perse il supporto degli americani e fu ucciso durante un colpo di stato. Il paese passò nelle mani di Nguyen Van Thieu, che instaurò un regime non meno corrotto e dittatoriale del precedente, ancora una volta con il supporto degli Stati Uniti.
Il pretesto che permise agli americani di entrare definitivamente ed apertamente in guerra fu il presunto attacco del Vietnam del Nord (in realtà inventato di sana pianta) ad un’unità navale della marina degli Stati Uniti, stanziata presso il Golfo di Tonchino.
Nel 1964, sotto la presidenza di Lyndon Johnson, quello americano divenne un vero e proprio intervento bellico: il corpo di spedizione fu continuamente rinforzato per dieci anni. I bombardamenti contro il Vietnam del Nord, attuati con l’uso dei famigerati B52, iniziarono nel febbraio del ‘65.
Nel 1968 i soldati americani in campo erano diventati 500.000, ed i costi bellici avevano raggiunto i 77 miliardi all’anno. Questo incremento progressivo di forze in campo, che gli americani chiamarono escalation, si rivelò tuttavia insufficiente contro la resistenza del Vietcong.
Strategie fallimentari
Ci furono molte ragioni per le quali l’intervento americano fu un fallimento, che probabilmente contribuì a portare una buona parte della popolazione del Vietnam del Sud dalla parte del Vietcong.
I bombardamenti aerei nei quali fu fatto largo uso di napalm avevano conseguenze terrificanti, che rendevano la popolazione fortemente ostile agli americani.
I guerriglieri Vietcong si nascondevano e si mischiavano nei villaggi del Sud. Per impedire ciò, gli americani deportarono i contadini del Sud in ‘villaggi strategici’, circondati da filo spinato.
Con l’operazione ‘Rolling Thunder’ (1965-1968) gli Usa tentarono di bombardare bersagli strategici in tutto Vietnam del Nord allo scopo di impedire i rifornimenti di truppe e armamenti verso il Sud. Gli obiettivi si rivelarono tuttavia sbagliati: i bersagli industriali erano pochi, perché la resistenza non faceva uso di infrastrutture significative. Ad essere colpiti dalle bombe furono soprattutto gli ospedali e le scuole.
Durante le missioni ‘search and destroy’ (individuazione e distruzione), gli Americani sbarcavano dagli elicotteri nei villaggi del Vietnam del Sud, in cerca di Vietcong che si mischiavano alla popolazione in modo indistinguibile. Spesso queste missioni sfociavano in massacri di donne e bambini innocenti.
Più in generale, l’esercito degli Stati Uniti era moderno e all’avanguardia, specializzato nella guerra meccanizzata, ma non era adatto ad affrontare una guerriglia partigiana.
Fondamentalmente, l’esercito degli Stati Uniti stava adottando tattiche poco adatte ai territori in cui si combatteva, e poco efficaci contro la particolare organizzazione del Vietcong. Per questi motivi, la presenza americana si faceva ogni anno sempre più impopolare nel Vietnam del Sud.
I Vietcong
Il leader cinese Mao Tse Tung definì i guerriglieri del Vietcong come combattenti inafferrabili, capaci di muoversi in mezzo al popolo vietnamita “come pesci nell’acqua”. Ed effettivamente, pur senza disporre di nessuna aviazione, nessun carro armato, e di nessun mezzo di artiglieria, i Vietcong riuscirono a resistere alle truppe americane finché gli Stati Uniti non abbandonarono il Vietnam.
Le strategie dei Vietcong rendevano impossibile la vita ai soldati americani. Ciò che li rendeva così efficaci erano le loro tattiche di guerriglia: la loro conoscenza del territorio gli permetteva di evitare lo scontro aperto col nemico, cogliendolo in agguati ed in assalti a sorpresa, per poi sparire di nuovo nella boscaglia. I guerriglieri Vietcong erano diventati maestri di queste tecniche negli scorsi decenni, combattendo prima con i Giapponesi, e poi con i Francesi.
Anche da un punto di vista logistico, i guerriglieri Vietcong seppero risolvere brillantemente i propri problemi con il Sentiero di Ho Chi Minh: un ingegnoso sistema di spostamenti attraverso sentieri nascosti, sia in montagna che nella giungla, talmente ben celato da non poter essere danneggiato dai bombardamenti americani. Il sentiero era collegato ad un sistema di tunnel e di sottopassaggi: ospedali, depositi di armi, dormitori, cucine, pozzi. Questo universo sotterraneo era in grado di offrire un nascondiglio a migliaia di Vietcong, e richiedeva da parte degli americani l’utilizzo di “tunnel rats” (ratti dei tunnel), soldati specializzati in missioni sotterranee di individuazione e distruzione, che spesso cadevano vittime di agguati letali.
I Vietcong aiutavano i contadini nel lavoro quotidiano, promettendo loro terra e libertà in un futuro regime comunista. Per questi motivi, era diventato molto difficile distinguere i Vietcong dalla popolazione rurale.
Nel 1968, i Vietcong ed il Vietnam del nord intrapresero l’Offensiva del Tet, attaccando contemporaneamente più di 100 città e basi militari, e catturando trequarti delle città principali del Vietnam del Sud, tra cui l’Ambasciata americana di Saigon (sebbene solo per qualche ora). L’offensiva del Tet provocò gravi perdite ai Vietcong, ed il controllo degli obiettivi catturati durò soltanto per poco, tuttavia gli americani iniziavano a capire che le possibilità di vittoria erano piuttosto scarse. Il presidente Johnson, in caduta verticale di credibilità nel suo paese smise di bombardare il Vietnam del Nord e decise di non ripresentarsi alle elezioni del ‘68.
Negli Stati Uniti la guerra del Vietnam veniva costantemente trasmessa in tv e discussa in radio, ed il dibattito sul conflitto era pubblico ed aperto. Le immagini e gli articoli diffusi dai giornalisti americani in Vietnam mostravano uccisioni e torture di civili inermi. Ampi settori dell’opinione pubblica iniziarono a considerare questa guerra come una ‘sporca guerra’, una guerra ingiusta e poco coerente con le tradizioni americane. Il governo del Vietnam del Sud era un regime oppressivo e antidemocratico, e molti americani si rendevano conto che i contadini del Vietnam odiavano gli Stati uniti.
Si trattava inoltre di una guerra molto costosa, sia in termini di denaro che di vite umane. La guerra suscitò imponenti manifestazioni di protesta, e moltissimi giovani iniziarono ad opporsi alla leva. Molti movimenti per i diritti civili, in particolare quelli degli afroamericani, si opposero apertamente alla guerra. Al pugile Muhammad Alì, ad esempio, venne revocato il titolo di campione perché si era opposto alla leva.
I più contrari alla guerra erano gli studenti: negli anni ‘60, i movimenti di protesta iniziarono in California e si diffusero rapidamente in tutto il paese, in particolare nelle città universitarie. Nel 1970 quattro giovani manifestatori pacifici, studenti della Kent State University in Ohio, vennero uccisi dalla Guardia Nazionale dell’Ohio in quello che venne ricordato come il massacro della Kent State. I pacifisti arrivarono fino a Washington, mentre artisti come Bob Dylan componevano la colonna sonora di queste proteste, che avrebbe influenzato i giovani di tutto il mondo.
Fine della guerra nel Vietnam
Oltre gli Stati Uniti, in tutto il mondo (ed in particolare in Europa) si guardava con favore ai successi del Vietcong: era la dimostrazione che la superpotenza americana poteva essere battuta da un’armata popolare. Mentre la sinistra occidentale si schierava in modo pressoché uniforme con il popolo vietnamita, gli Stati Uniti erano sempre più isolati nel proprio sforzo bellico.
Il successore di Johnson, Richard Nixon, iniziò a negoziare la pace con il Vietnam del Nord e con il Vietcong (che nel ‘69 si era organizzato nel governo rivoluzionario provvisorio). Da allora in poi, la presenza americana in Vietnam iniziò a ridursi, anche se Nixon diede avvio a contemporanee operazioni militari nei paesi confinanti, Laos e Cambogia, contro altri regimi guerriglieri comunisti, con l’obiettivo di tagliare i rifornimenti ai Vietcong.
Nel 1973 gli Stati Uniti ed il Vietnam del Nord firmarono un armistizio a Parigi, l’appoggio americano al Vietnam del Sud venne ritirato, e gli americani abbandonarono finalmente la ‘sporca guerra’, che però sarebbe finita soltanto due anni dopo.
Nel 1976 Vietnam del Nord e del Sud si riuniscono nella Repubblica Socialista del Vietnam. Il 30 aprile del 1975, il Vietcong e le truppe nordvietnamite entrarono a Saigon, gli ultimi diplomatici abbandonarono precipitosamente la città e i due paesi si riunirono nella Repubblica Socialista del Vietnam. Finiva così, con la peggiore sconfitta militare mai subita dagli Stati Uniti fino ad allora, una delle guerre più importanti della seconda metà del ‘900.