Noi partiamo da diverse posizioni ideologiche. Per voi essere un comunista o un socialista significa essere totalitario, per me no… Al contrario, io credo che il socialismo liberi l’uomo.

(Salvador Allende)
risposta al giornalista Joseph Novitski durante l’intervista al New York Times del 4 ottobre 1970)

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Non vedo perché dovremmo restare con le mani in mano a guardare mentre un Paese diventa comunista a causa dell’irresponsabilità del suo popolo. La questione è troppo importante perché gli elettori cileni possano essere lasciati a decidere da soli.

(Henry Kissinger )

L’11 settembre 1973 un colpo di stato militare voluto e sostenuto dagli Stati Uniti pone fine al governo socialista cileno di Unidad Popular

Arrivato al potere con il 36% dei suffragi, all’interno della coalizione che lo aveva sostenuto e che annoverava, accanto ai partiti d’orientamento marxista come il suo, i cattolici di sinistra e i radicali, Allende chiarì da subito di sentirsi il presidente di tutti i cileni. Le accuse di sbilanciamento verso l’estrema sinistra, però, trovavano allarmata attenzione presso gli Stati Uniti, che manifestarono di considerare pericolosa la sua crescita politica, ovviamente non solo per motivi legati all’ideologia, stanti gli enormi interessi economici statunitensi in quell’area. Documenti recentemente declassificati del governo USA hanno confermato che precisi e inequivocabili ordini erano stati diramati agli agenti della CIA per prevenire l’elezione di Allende alla presidenza o, ove ciò non si fosse potuto impedire, per creare condizioni favorevoli per un golpe.
Una volta insediato il governo di Unidad Popular, Allende incominciò a implementare la sua “piattaforma” di conversione socialista della società cilena. Il piano di riforme socialiste del governo Allende prese il nome di «rivoluzione con empanadas e vino rosso», a sottolinearne quindi la natura essenzialmente pacifica.
Fu avviato un vasto programma di totale nazionalizzazione delle principali industrie private del Paese, fra cui le miniere di rame (già incominciata, in forma negoziata, nel 1964 dal precedente governo democristiano), fino ad allora sotto il controllo della Kennecott e della Anaconda (aziende statunitensi), degli istituti bancari, delle compagnie di assicurazione e, in generale, di tutti gli asset nevralgici della struttura socio-economica del Paese, tra cui la produzione e distribuzione di energia elettrica, i trasporti ferroviari, aerei e marittimi, le telecomunicazioni, l’industria siderurgica, cementiera, cartaria e della cellulosa. Nel 1973, sotto l’amministrazione Allende, lo Stato giunse dunque a controllare il 90% delle miniere, l’85% delle banche, l’84% delle imprese edili, l’80% delle grandi industrie, il 75% delle aziende agricole e il 52% delle imprese medio-piccole. Si diede poi mano alla riforma agraria in favore delle classi maggiormente disagiate e fu creata una tassazione sulle plusvalenze. Il governo annunciò inoltre una sospensione del pagamento del debito estero e, al tempo stesso, non onorò i crediti dei potentati economici e dei governi esteri. Tutto ciò irritò fortemente la media e alta borghesia che fomentò disordini in tutto il paese.
Vi furono poi l’introduzione del divorzio e l’annullamento delle sovvenzioni statali alle scuole private, che irritarono profondamente i vertici della Chiesa cattolica (nonostante molti preti, e anche alcuni vescovi, seguaci della teologia della liberazione, sostenessero Unidad Popular).
Furono inoltre introdotti la garanzia di mezzo litro di latte giornaliero per ogni bambino e neonato cileno, ingenti incentivi all’alfabetizzazione, l’aumento programmatico dei salari, l’implementazione di diverse tutele sociali (come, ad esempio, l’estensione dei diritti di tutela e rappresentanza sindacali anche alle categorie dei lavoratori stagionali e part-time e l’introduzione di un salario minimo garantito per i lavoratori di ogni categoria e fascia d’età), il prezzo fisso del pane, la riduzione del prezzo degli affitti, la distribuzione gratuita di cibo ai cittadini più indigenti e l’aumento delle pensioni minime.
Sin dai primi mesi di governo, Allende promosse l’invio nelle regioni meridionali del Cile di 55.000 volontari, allo scopo di fornire istruzione e cure mediche di base alla fascia più povera della popolazione. Inoltre, fu istituita una commissione centrale, composta da rappresentanti del governo, dei sindacati e dei datori di lavoro, per sovrintendere a un piano di pagamento tripartito della forza-lavoro nazionale e, inoltre, fu firmato con le maggiori organizzazioni sindacali nazionali un protocollo d’intesa concedente i diritti di rappresentanza degli stessi lavoratori nell’effettivo del Consiglio di Finanziamento del Ministero di pianificazione sociale. In seno al complesso delle imprese nazionalizzate, poi, il governo istituì, tramite le organizzazioni sindacali, la formazione di assemblee operaie in grado di far eleggere nei ranghi dei consigli d’amministrazione d’ogni singola azienda, per circa la metà dei suoi componenti, rappresentanti dei lavoratori stessi[51], oltre ad instaurare un sistema di monitoraggio e controllo dei prezzi, tramite un’articolata rete di agenzie governative, organi consiliari municipali (composti da comuni cittadini) e centri e piattaforme di distribuzione su base inter-distrettuale, direttamente gestite dalle singole comunità, al fine di coordinare e regolamentare le svariate dinamiche di domanda e offerta tra le disparate imprese commerciali nazionali.
Il governo avviò anche un intenso programma di lavori pubblici, tra i quali la metropolitana di Santiago, in modo da interconnettere al meglio le periferie ed i quartieri operai al centro delle città, oltre alla costruzione di numerose case popolari e, in generale, l’implementazione di numerosi e sostanziali apporti e riqualificazioni dei servizi igienico-sanitari.
Importanti furono poi gli interventi nell’agricoltura, che permisero ai contadini, braccianti ed i piccoli imprenditori coltivatori (in gran parte ex-braccianti che, col tempo, erano riusciti ad acquistare modeste proprietà fondiare o ad allestire piccole imprese di natura familiare), di liberarsi dal giogo di latifondisti e grandi proprietari terrieri, i cui possedimenti furono espropriati. Con l’emanazione di queste nuove politiche, dunque, il latifondo venne definitivamente abolito, con l’esproprio di oltre 4.887 terreni, che il governo nazionalizzò ed affidò, per quanto concernente la loro regolare amministrazione ed usufrutto economico, ai sopracitati contadini e braccianti, riuniti in una sorta di consorzio popolare di cooperative agricole, coordinati dalla gestione congiunta di organi assembleari cittadini e delle singole giunte municipali.
L’amministrazione Allende s’impegnò, inoltre, nella costruzione di ospedali e strutture sanitarie nelle zone più povere del Paese, incoraggiando i giovani neolaureati in medicina a esercitarvi la professione, e istituendo inoltre consigli d’amministrazione popolari, da affiancare legalmente a quelli regolari, composti da personale medico e ufficiali governativi, al fine di democratizzare le gestione dell’infrastruttura medica nazionale.
Di conseguenza, la spesa sociale, indirizzata verso l’istruzione, le politiche abitative e sanitarie, crebbe fortemente e fu bilanciata da un grande sforzo per ridistribuire la ricchezza a vantaggio dei cileni più poveri, tra cui gli indigeni mapuche. Tali ambiziosi progetti, sebbene incompleti, comportarono un netto aumento dei salari e degli assegni famigliari (seppur parzialmente intaccati, in seguito, dalla recrudescenza dell’inflazione) che permisero ai più poveri di nutrirsi o di vestirsi meglio e di godere di un maggiore accesso ai servizi di sicurezza sociale.
Per migliorare le condizioni sociali ed economiche delle donne, venne fondata, nel 1971, la Segreteria delle Donne, che si occupò di assistenza prenatale, servizi di lavanderia, programmi alimentari pubblici, centri diurni e cura della salute delle donne. La durata del congedo di maternità venne inoltre estesa da 6 a 12 settimane.
Questo il contesto politico, sociale, internazionale in cui maturò la decisione delle classi possidenti, con la complicità decisiva degli Stati Uniti, di farla finita con il governo di Unidad Popular.
Il golpe di Pinochet ebbe un’influenza politica enorme in tutto il mondo e l’eco di questo avvenimento si fece sentire significativamente anche in Italia negli anni settanta. Con l’appoggio a Pinochet, gli USA vollero mandare un forte monito a tutti i partiti socialisti del mondo: l’intendimento statunitense era quello di impedire la formazione di governi di ispirazione socialista, anche se democraticamente eletti, in tutti i Paesi dell’America Latina. Tale obiettivo sarebbe stato perseguito mediante la cosiddetta operazione Condor, con la quale gli USA promossero la formazione di governi autoritari in vari Paesi della regione.

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