Quando un uomo lavora per un altro uomo, anche se lo chiami operaio, resta sempre uno schiavo

(Hosè Dolores, nel film di Gillo Pontecorvo “Queimada”)

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Il commento sarà pubblicato sul sito.

35 giorni di presidio della Fiat (agosto/settembre 1980)

”Io lo sapevo che Berlinguer non poteva rispondere in modo diverso, ma la mia non era una provocazione come qualcuno ha detto. L’idea di occupare la Fiat c’era e il consenso del Pci era importante. Quella domanda l’ho fatta a ragion veduta”. Nell’autunno caldo del 1980, Liberato Norcia, delegato della Fim-Cisl, e’ uno dei leader del consiglio di fabbrica di Mirafiori. E’ lui che il 26 settembre, quando Enrico Berlinguer sta per prendere la parola davanti alla porta cinque, afferra il microfono e chiede: ”ma se i lavoratori decidessero di occupare la Fiat, il Pci che farebbe?”.

Berlinguer risponde che un’eventuale decisione in tal senso deve essere presa dai lavoratori con i sindacati, ma se si dovesse giungere ”a forme di lotta piu’ acute, comprese forme di occupazione”, sarebbe sicuro ”l’impegno politico, organizzativo e anche di idee e di esperienza del Partito Comunista”. Una risposta interpretata dai presenti come un avallo all’occupazione della Fiat.

Quando Berlinguer arriva ai cancelli di Mirafiori lo scontro in atto e’ durissimo. La scintilla e’ l’annuncio dei 14.000 licenziamenti che Cesare Romiti, amministratore delegato della Fiat, da’ l’11 settembre. Dal 13 inizia lo sciopero a oltranza con il presidio dei cancelli e il blocco di qualsiasi movimento di uomini e merci da Mirafiori e dagli altri stabilimenti. Una lotta lunga 35 giorni che va avanti anche dopo il ritiro dei licenziamenti e si conclude il 14 ottobre quando 40.000 capi e quadri intermedi della Fiat sfilano per le vie di Torino in nome del ‘diritto al lavoro’.
Il sindacato cede di schianto. Il giorno dopo firma l’accordo che prevede la cassa integrazione per 23.000 lavoratori.
La sconfitta di trent’anni fa è ancora una ferita aperta. Osserva Fausto Bertinotti, allora segretario della Cgil piemontese e sostenitore della lotta a oltranza: ”E’ stato l’inizio del declino del sindacato dei Consigli e della trasfigurazione della Sinistra italiana. La sconfitta non era inevitabile, la sinistra e il sindacato potevano agire diversamente. La percezione del popolo dei cancelli era giusta e acuta: in quei giorni si e’ deciso il futuro dei rapporti di classe nel Paese”. Giorgio Airaudo, nel 1980 ha 19 anni ed e’ iscritto alla Federazione dei Giovani Comunisti. Ricorda l’accordo firmato alla fine della vertenza ”senza il consenso dei lavoratori”: ”allora si consumo’ uno strappo democratico fra sindacato e lavoratori che dopo 30 anni non e’ stato ancora risolto. E se faccio il sindacalista e’ perche’ ho trovato ingiusta la conclusione di quella vicenda”.