Il 26 Novembre 2016 si è alzata la marea di un rinnovato movimento femminista globale, capace di connettersi con i diversi territori di lotta a livello mondiale ed intenzionato a mettere in discussione globalmente il sistema di sfruttamento che genera la violenza sulle donne.
Dal 26 Novembre ad oggi il movimento ha percorso già tenta strada e si appresta a progettare i prossimi passi.
Negli incontri nazionali di Febbraio e del fine settimana appena trascorso ha prodotto la bozza di un piano antiviolenza femminista, un documento politico complessivo che intende affrontare sia i principi ed i paradigmi di questo movimento che le azioni concrete che necessariamente saranno indispensabili per cominciare a costruire realmente, e non solo come slogan, la liberazione delle donne dalla violenza.
Il femminismo è di classe o non è.
Dopo tempi bui in cui il monopolio culturale dell’etichetta femminista era stato conquistato da quelle donne che semplicemente chiedevano pari opportunità di raggiungere i luoghi del potere decisionale, politico ed economico, si è riaffacciato in modo straordinariamente forte tutto quel sommerso che in questi anni ha continuato a lottare quotidianamente per i diritti di tutte.
La violenza che subiamo infatti non è solo qualla di alcuni uomini su alcune donne, è la violenza di un sistema che sfrutta i nostri corpi, il nostro lavoro e le nostre relazioni. Un sistema che vede sempre più spesso le donne a percorsi eterodeterminati quando chiedono aiuto per emanciparsi dalla violenza di un uomo. Per questa ragione le donne esigono che i centri antiviolenza restino spazi politici laici ed autonomi di donne. Un sistema che priva le donne dei loro diritti anche quando questi sono scritti sulla carta, come per l’effettività del diritto di aborto. Un sistema che ci chiede di lavorare il doppio senza nessun riconoscimento, di farci carico del lavoro produttivo con salari inferiori e con posizioni più precarie e ricattabili degli uomini e gratuitamente del lavoro di cura a causa della domilizione dello stato sociale.
La marea è l’insieme, con pari dignità, delle migliaia di donne che in questi mesi si sono mosse, si sono incontrate e hanno confrontato i loro saperi, desideri e capacità. Detto questo il movimento non ha bisogno del cappello di nessuno per andare avanti e per alzare ancora di più la marea.
Nell’incontro nazionale di Roma del 22 e 23 Aprile sono state proposte le prossime scadenze.
A Settembre, sul lancio delle donne argentine, inonderemo l’Italia di iniziative per rilanciare il diritto di autodeterminazione sui nostri corpi e per il diritto all’aborto.
Ad Ottobre ci sarà il prossimo incontro nazionale.
A Novembre rilanceremo dall’Italia l’invito ad una mobilitazione internazionale contro la violenza.
A Febbraio saremo alle inaugurazioni dell’anno giudiziario nei tribunali, luoghi che stanno dimostrando di essere ancora intrisi di cultura patriarcale.
Anche a Brescia Non Una Di Meno ha il suo luogo di incontro e di confronto, uno spazio politico aperto a tutte le soggettività che si riconoscono nel genere femminile e a tutte e tutti i solidali con il movimento femminista.
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Anna Zinelli